Articolo comparso su ContrastO nr. 11 (1996)

Viaggio alla ricerca di un'identità
Avventure di un italiano residente in Germania per ottenere un documento in Italia, tra burocrazia e arroganza

C.I. Aprile 1996, la mia Carta d’Identità (CI) è scaduta.

Ho pensato che certamente avrei potuto rinnovarla, comodamente al Consolato di Amburgo. Ho telefonato un mesetto prima ma con mio stupore mi è stato detto che le CI vengono rilasciate solo in Italia, dalle autorità comunali. Come si dice, la legge non ammette ignoranza e io appunto, lo ignoravo, ergo: colpa mia.

Alla mia domanda: «scusi, e come farò a rientrare in Italia se il mio documento è scaduto?», «non c’è problema, un passi di 2 giorni viene rilasciato facilmente al confine!». Che consolazione, meno male che avevo provveduto a far rinnovare il passaporto alcuni mesi prima. Però ho presto iniziato a temere che forse un paio di giorni delle mie sudate vacanze sarebbero state offerte in sacrificio al "dio degli uffici comunali romani".

A fine luglio sono partito per l’Italia: destinazione mare, con la ferma decisione di tornare in Germania con una nuova CI.

Il secondo giorno di vacanze, invece di andare al tanto agognato mare, mi reco di buon mattino alla mia vecchia delegazione comunale. Dopo varie file e trafile mi ritrovo di fronte ad una gentile (!) impiegata che mi porta in un ufficio con alcuni terminali di computer, uno dei quali dedicato all’AIRE (Associazione Italiana Residenti all’Estero). Inserisce il mio nome e "zac-zac", la mia scheda appare sullo schermo. Con stupore noto che la mia residenza sul monitor corrisponde a quella di tre anni prima, lo faccio notare, chiedo chiarimenti spiegando di aver visto di persona aggiornare i miei dati nel computer del Consolato. L’impiegata improvvisamente non è più gentile. Il suo unico scopo ora è di farmi uscire da quella stanza dove non sarei mai potuto e dovuto entrare, distribuendo responsabilità e colpe a tutti i Consolati e gli impiegati comunali nel raggio di 2000 Km.

Sì, ma io che devo fare ora? Tornare ad Amburgo e fare domanda al Consolato per cambiare ancora una volta il mio indirizzo sul terminale, riprendere il primo aereo e tornare qui? Praticamente mi viene negata l’Identità! (seppur solo quella di Carta!). Per tutta risposta vengo buttato fuori.

Mi ritrovo per strada, 35° C, un sole magnifico, e invece di starmene al mare, sto lì sudato a maledire tutti gli uffici e gli ufficiali del pianeta. Pazienza, decido di fare un’azione disperata: mi reco di corsa al centro della città, dove, dalle parti del Campidoglio si trovano gli uffici centrali del Comune di Roma. All’entrata chiedo ad un portiere (so come vanno le cose lì... mai chiedere ad un impiegato, gli unici che sanno tutto sono loro, i portieri!): «scusi, vorrei un’informazione, però La avverto, mi serve uno forte, ma proprio forte eh!?». Il dialogo si è svolto in un bruciante dialetto romanesco, e forse questo mi ha aiutato a sbrigliare un po’ la matassa. Ho così ottenuto le informazioni volute: prima di tutto che probabilmente i dati che erano stati cambiati nel terminale amburghese erano solo quelli delle liste elettorali e siccome la legge non ammette ignoranza, era colpa mia. Il portiere mi spiega per bene da chi andare (e chi evitare). Schizzo nel palazzo. Mi perdo, mi ritrovo, mi riperdo, infine trovo, nel labirinto di uffici, una stanza che un biglietto scritto a mano identifica come AIRE. Entro, chiedo della signora "Tal dei Tali" indicatami dal portiere. Troppo tardi, gli uffici stavano già chiudendo. «Torni questo pomeriggio, ché oggi è giovedì e riapriamo più tardi». Iniziavo a capire come si sente una pedina del gioco dell’oca. Faccio avanti e indietro con la mia fedele Panda arroventata dal sole e alle 4 del pomeriggio posso finalmente entrare nella centrale operativa dell’AIRE! Due ventilatori giganti mi procurano una mezza bronchite, un monitor identico a quello già visto nella delegazione mi conferma che, sì, sono al posto giusto. Una carta geografica dell’Europa indica tutti gli uffici consolari europei, compresi quelli della Germania dell’Est: la cartina sembra essere un po’ vecchiotta. Chiedo scherzosamente all’impiegata se hanno saputo dell’unione delle due Germanie. Anche lei si dimostra gentilissima (speriamo non cambi umore pure lei!), non mi permette di sbirciare sul monitor, ma mi fa scrivere una dichiarazione formale, qualcosa come: "Io sottoscritto, giurin giuretta che non abito più lì ma di là, firmato: Io".

L’impiegata rilegge e mi dice: «Bene, entro un mese la residenza sarà corretta, sa, queste cose durano un pochino». «Come UN MESE? Il computer è lì, le basta copiare tutto e stiamo a posto no?». Mi trattengo per non stuzzicare l’umore anche di questa impiegata, chiedo di "patteggiare la pena". «Facciamo 15 giorni? (Io devo fare anche la CI in fondo!)». Ok. Ci diamo la mano, buongiorno e grazie.

Mi butto nel mare e ne esco dopo 15 giorni. Torno a Roma incrociando le dita. Arrivo alle ore 9:00 a una nuova delegazione comunale per richiedere la CI e scopro che i 40 "numeretti" che danno diritto a richiedere la CI in quel giorno sono stati già tutti distribuiti. «Come, non lo sapeva?», si ho capito, la legge non ammette... sento urlare, è un disgraziato che ha dimenticato un importante documento a casa e deve tornare domani. Mi regala il suo numeretto!

Tra file e trafile, carta bollata, foto (la macchinetta automatica più vicina è a tre Km... Panda arroventata e via!), giungo infine allo sportello. L’impiegata mi dice che devo andare alla delegazione in cui risiedo. Già, ma io sono residente in Germania! Allora ci vogliono 30 giorni, risponde lei. Racconto la mia Odissea dei giorni precedenti e che sarei ripartito dopo soli 10 giorni. L’impiegata ribadisce: «...ma sapesse che sacrificio per noi che abbiamo così tanto da fare e che...», sta una mezz’oretta a raccontarmi metà della sua vita. Io ascolto interessato dicendo ogni tanto qualche «come la capisco signora...», alla fine si commuove e si decide anche lei a "patteggiarmi la pena"; mi dice «bene, venga tra 9 giorni e le farò trovare la CI», «grazie, grazie! Oh come siete gentili qui!! Grazie!». Esco al sole di agosto ripetendo la trafila di maledizioni a cui mi sono abituato da qualche mese uscendo dagli uffici dove si fanno documenti.

Il giorno prima di partire vado a ritirare la CI. La controllo, c’è scritto "Residenza: AIRE, (RFT)". Mi chiedo come farò a far credere a un poliziotto tedesco che AIRE è una provincia della RFT?

Eine Reise auf der Suche nach einer Identität
Die Abenteuer eines in Deutschland ansässigen Italieners beim Beantragen eines Dokuments in Italien, zwischen Bürokratie und Arroganz

April 1996, mein Personalausweis ist abgelaufen.

Ich hatte angenommen, daß ich ihn problemlos beim Konsulat in Hamburg verlängern könnte. Ich rief einen Monat vorher dort an, wo man mir zu meinem Erstaunen mitteilte, daß Personalausweise nur von den Gemeinden in Italien ausgestellt werden. Wie heißt es doch: Unkenntnis des Gesetzes schützt vor Strafe nicht, und ich kannte es tatsächlich nicht, also: meine Schuld. Auf meine Frage: "Entschuldigung, und wie komme ich nach Italien, wenn mein Ausweis abgelaufen ist?" die Antwort: "Kein Problem, ein Passierschein für zwei Tage wird ohne weiteres an der Grenze ausgestellt". Welch Trost, zum Glück hatte ich meinen Reisepaß einige Monate vorher verlängern lassen. Aber ich begann zu fürchten, daß einige meiner sauer verdienten Ferientage dem "Gott der römischen Ämter" zum Opfer fallen würden.

Ende Juli fuhr ich nach Italien: Ziel Meer, fest entschlossen, mit einem neuen Personalausweis nach Deutschland zurückzukehren.

Am zweiten Ferientag begebe ich mich, statt ans langersehnte Meer zu fahren, zu meinem früheren Bezirksamt. Nach einigen Schlangen stehe ich einer freundlichen (!) Angestellten gegenüber, die mich in ein Büro mit einigen Computern begleitet, einer davon für AIRE (Verein für im Ausland Ansässige Italiener). Sie gibt meinen Namen ein und "zack-zack" erscheinen meine Daten auf dem Bildschirm. Erstaunt bemerke ich, daß mein Wohnsitz hiernach noch der von vor drei Jahren ist. Ich mache sie darauf aufmerksam und erkläre, daß ich persönlich zugesehen habe, als meine neue Anschrift in den Computer des Konsulats eingegeben worden ist. Schlagartig ist die Angestellte nicht mehr freundlich. Ihr einziges Ziel ist nun, daß ich diesen Raum verlasse, den ich nie hätte betreten dürfen, wobei sie die Verantwortung und Schuld auf sämtliche Konsulate und Beamte im Umkreis von 2.000 km verteilt.

Gut, aber was soll ich jetzt machen? Nach Hamburg zurückfahren und noch mal eine Adreßänderung beim Konsulat beantragen, das nächste Flugzeug nehmen und wiederkommen? Mir wird praktisch meine Identität verweigert (wenn auch nur die aus Papier). Als Antwort werde ich hinausgeworfen.

Ich finde mich auf der Straße wieder, 35°, Sonnenschein, und statt am Strand zu liegen, stehe ich hier und verfluche alle Ämter und Beamten dieses Planeten. Geduld - ich entschließe mich zu einer Verzweiflungstat zu begehen und begebe mich Richtung Campidoglio, wo die zentralen Ämter der Kommune Roms liegen. Am Eingang frage ich den Portier (ich weiß, wie es ist... frage niemals einen Angestellten, die einzigen, die alles wissen, sind die Portiers): "Entschuldigung, ich hätte gern eine Information, aber dazu brauche ich jemanden, der sich wirklich gut auskennt." Das Ganze mit stark römischem Dialekt, und vielleicht hat mir dies geholfen, die Angelegenheit etwas zu entwirren, so daß ich die gewünschte Information bekomme. Vor allem, daß die in Hamburg geänderten Daten wahrscheinlich nur die Wählerliste betreffen, und da Unkenntnis nicht vor Strafe schützt, ist es meine Schuld. Der Portier erklärt mir genau, an wen ich mich wenden kann (und an wen besser nicht). Ich springe ins Gebäude, verlaufe mich, finde mich zurecht, verlaufe mich wieder und stehe endlich vor einem Büro, das ein handgeschriebenes Schild an der Tür als "AIRE" ausweist. Ich trete ein, frage die Frau nach dem mir vom Portier empfohlenen Herrn "Soundso". Zu spät, die Büros schließen gerade. "Kommen Sie heute nachmittag wieder, es ist Donnerstag und wir machen später wieder auf." Ich beginne zu verstehen, wie sich ein Stein aus dem "Mensch-ärgere-dich-nicht" fühlen muß.

Hin und zurück in meinem treuen, von der Sonne glühendheißen Panda, und um 16.00 Uhr betrete ich endlich die Operationszentrale des AIRE! Zwei gigantische Ventilatoren verschaffen mir eine halbe Bronchitis, ein Monitor (identisch mit dem vom Bezirksamt) bestätigt mir, daß ich hier richtig bin. Auf einer Landkarte von Europa sind die europäischen Konsulate angezeigt, einschließlich das der DDR: die Karte scheint mir leicht überholt zu sein. Ich frage die Angestellte im Spaß, ob sie von der Wiedervereinigung Deutschlands gehört hat. Auch sie ist ausgesprochen freundlich (hoffentlich ändert sich nicht auch ihre Laune). Sie erlaubt mir nicht, auf den Monitor zu schielen, aber sie läßt mich eine formelle Erklärung aufsetzen, etwa so: "Ich, der Unterzeichnende, gebe mein heiliges Indianerehrenwort, daß ich nicht mehr da, sondern dort wohne, gezeichnet: ich."

Die Angestellte liest es und sagt: "Gut, in einem Monat ist die Adresse korrigiert, wissen Sie, diese Dinge dauern etwas." "Was, einen Monat? Da steht ein Computer, Sie brauchen es nur einzugeben und alles ist in Ordnung, oder nicht?" Ich halte mich zurück, um nicht auch die gute Laune dieser Angestellten zu gefährden und versuche, das "Strafmaß" herunterzuhandeln. Sagen wir zwei Wochen (ich muß schließlich auch noch meinen Personalausweis beantragen). Ok. Wir schütteln uns die Hände, guten Tag und danke.

Ich werfe mich ins Meer und komme zwei Wochen später wieder heraus. Ich kehre mit gekreuzten Fingern nach Rom zurück. Um 9.00 bin ich bei einem neuen Bezirksamt, um meinem Personalausweis zu beantragen und finde heraus, daß die 40 "Nümmerchen", die zum Beantragen eines Personalausweises berechtigen, schon verteilt sind. "Was, das wußten Sie nicht?", ja, ich weiß, Unkenntnis schützt..., ein Schrei, er stammt von einem Unglücksmenschen, der ein wichtiges Dokument zu Hause vergessen hat und morgen wiederkommen muß. Er schenkt mir seine Nummer.

Nach langen Schlangen, Gebührenmarken, Paßfotos (der nächste Fotomat ist 3 km entfernt... in den glühenden Panda und los!) gelange ich endlich zum Schalter. Die Angestellte sagt mir, daß ich zum Amt des Bezirks gehen muß, in dem mein Wohnsitz liegt. Klar, aber ich wohne in Deutschland. "Dann dauert es 30 Tage", antwortet sie. Ich berichte von meiner Odyssee der vorangegangenen Tage und daß ich nach 10 Tagen wieder abfahren muß. Die Angestellte bekräftigt: "...aber wenn Sie wüßten, was für ein Opfer... wir, die wir soviel zu tun haben..." , eine halbe Stunde lang erzählt sie mir ihr halbes Leben. Ich lausche aufmerksam, werfe ein gelegentliches "Wie gut ich Sie verstehe" ein, bis sie sich schließlich erweichen läßt, mein "Strafmaß" zu reduzieren und sagt: "Gut, kommen Sie in 9 Tagen wieder, ich bereite Ihren Personalausweis bis dahin vor." "Danke, danke, oh, wie seid Ihr doch reizend hier, danke!" Ich gehe hinaus in die Augustsonne und wiederhole die Liste der Flüche, die ich mir beim Verlassen der Ämter angewöhnt habe. Am Tag vor meiner Abreise hole ich meinen Personalausweis ab. Ich kontrolliere kurz, da steht: Wohnsitz AIRE, BRD. Ich frage mich, wie ich einen deutschen Polizisten davon überzeugen soll, daß AIRE ein Bundesland der BRD ist.

Tricolore

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