Articolo comparso su ContrastO nr. 16 (1998)

L'autostrada del sole
Gibt es noch Unterschiede zwischen Nord- und Süditalien?

Gira, gira... Mio padre è nato a Roma. Da lui ho ereditato i miei capelli ricci e scuri. Mia madre è di origine veneta. Capelli biondi, occhi azzurri, da bambina la chiamavano “la tedesca”.

La mia infanzia l’ho suddivisa tra queste due culture e i rispettivi dialetti, e da bambino, convivendo quotidianamente con essi, non notavo più le differenze.

Sono cresciuto a Roma. Durante i frequenti contatti con il ramo veneto della famiglia si è affrontato spesso il discorso nord-sud. «Terroni» ci dicevano per gioco i nostri zii e cugini di lì, e noi «ehilà, polentoni!», ma si scherzava. Ma soprattutto c’era una gran voglia di sentire parlare il dialetto dell’altro. Io e mio fratello ci divertivamo a ripetere le espressioni più comiche, e i nostri cugini ci presentavano ai loro amici con orgoglio come i loro parenti romani!

Qualche zia mi diceva, «ma ti te parl’ tedesc! Non te xe capisse», ma anche qualche mio amico romano si meravigliava sentendo qualche mia sillaba sdrucciolare verso il veneto.

Era un gran bel viaggio ogni volta. Si parte in macchina, direzione nord. Non si cambia solo regione, ma anche un po’ stagione. Venezia, un po’ più fredda, un po’ più umida. E sembrava già il tetto del mondo. “Più a nord non può esistere niente!”.

Ora mi trovo ad Amburgo e il tedesco (quello vero) è ormai pane quotidiano. Se guardo in giù, a sud, mi vengono le vertigini e ritiro lo sguardo. Ho scoperto che il vero nord è... più a nord. In Danimarca? In Svezia? Ho provato ad andarci, ma appena ho passato il confine ho trovato un cartello che indicava: “Industrie del sud”.

Forse è a causa di tutto questo che mi sento infastidito da chi propone fantomatiche differenze razziali e conseguenti secessioni nazionali ma quasi mi diverte vedere quei sobillatori di popolo, tentare di istigare, con metodi beceri basati sul turpiloquio più risonante, odio tra gli italiani. I loro tentativi sono sì pericolosi (trovi sempre qualche matto che li prende in parola!), ma anche poco funzionali al loro scopo! Sono convinto che l’urlo, così come il turpiloquio, sono caratteristiche che tutto il mondo attribuisce folcloristicamente agli italiani, senza distinzioni tra nord e sud! Bossi: l’uomo più italiano d’Italia!

Bisognerebbe che tutti gli italiani guardassero di nuovo al proprio paese da fuori; vedrebbero come e quanto è cambiato, e con lui i suoi abitanti, sempre più convinti che si deve andare avanti, nella stessa direzione: l’Europa.

In una cittadina vicino ad Amburgo ci sono una pizzeria e una gelateria: conosco i gestori di entrambe. Vengono dal profondo sud e nord Italia. Tra loro si chiamano “terrone” e “polentone”, ma scherzano, ognuno di loro ha tenuto a battesimo i figli dell’altro e non passa giornata senza che uno dei due vada a trovare l’altro, il proprio migliore amico.

Mein Vater ist in Rom geboren. Von ihm habe ich die dunklen, lockigen Haare geerbt. Meine Mutter kommt aus Venedig. Blonde Haare, blaue Augen, als Kind nannte man sie „die Deutsche“. Meine Kindheit habe ich zwischen diesen beiden Kulturen und den dazugehörigen Dialekten verbracht, lebte Tag für Tag mit ihnen, so daß mir die Unterschiede nicht mehr auffielen.

Ich bin in Rom aufgewachsen und während der häufigen Begegnungen mit dem venezianischen Zweig der Familie kam das Nord-Süd-Thema häufig zur Sprache. „Terroni“ nannten uns unsere Onkel und Cousins zum Spaß, und wir sie scherzhaft: „Hey, polentoni“. Jedoch gefiel es uns vor allem, den jeweils anderen Dialekt zu hören. Mein Bruder und ich amüsierten uns damit, die lustigsten Ausdrücke zu wiederholen, und unsere Cousins präsentierten uns ihren Freunden stolz als ihre römischen Verwandten.

Eine Tante sagte mir „i versteh di koi Stück, du schwätsch ja deitsch“, aber auch meine Freunde in Rom wunderten sich, wenn mir einige venezianischen Silben herausrutschten. Es war jedesmal eine wunderschöne Fahrt. Man reiste mit dem Auto gen Norden. Nicht nur die Gegend veränderte sich, sondern auch ein bißchen die Jahreszeit. Venedig, etwas kühler, die Luft etwas feuchter. Es schien uns bereits das Dach der Welt. Noch weiter nördlich gibt es nichts mehr.

Heute lebe ich in Hamburg und das Deutsch (das richtige) ist inzwischen tägliches Brot. Wenn ich nach unten sehe, in den Süden, wird mir schwindlig und ich wende den Blick ab. Ich habe herausgefunden, daß der wahre Norden weiter... im Norden ist. In Dänemark, in Schweden? Ich wollte dahinfahren, aber direkt hinter der Grenze las ich auf einem Schild „Industriegebiet Süd“.

Vielleicht liegt es an alldem, daß mir diejenigen auf die Nerven gehen, die Phantom-Rassenunterschiede erfinden und daher nationale Sezessionen vorschlagen. Beinahe könnte ich mich über diese Aufwiegler amüsieren, die versuchen, mit fiesen Methoden und unflätigen Reden Haß und Zwietracht zwischen die Italiener zu säen.

Es stimmt, daß ihre Versuche gefährlich sind (es gibt immer irgendeinen Spinner, der sie beim Wort nimmt), aber ihren eigenen Zwecken wenig dienlich! Ich bin überzeugt, daß das Gebrülle, genau wie die Schimpfwörter charakteristisch sind für das, was die ganze Welt folkloristischerweise den Italienern zuschreibt.

Es wäre notwendig, daß alle Italiener sich ihre Heimat von neuem aus dem Ausland ansähen. Sie sähen, wie sehr sie sich verändert hat, und mit ihr ihre Bewohner, die mehr und mehr davon überzeugt sind, daß es vorwärts gehen muß, gemeinsam: Richtung Europa.

In einer Kleinstadt in der Nähe von Hamburg gibt es eine Pizzeria und eine Eisdiele, ich kenne beide Inhaber. Sie kommen aus dem tiefsten Süden und dem Norden Italiens. Sie nennen sich „terrone“ und „polentone“, aber zum Spaß, sie sind beide Taufpaten der Kinder des jeweils anderen und es vergeht kein Tag, ohne daß einer den anderen besuchen kommt, seinen besten Freund.

Tricolore

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