Articolo comparso su ContrastO nr. 31 (2003)

Gino Strada

Un’altra guerra “umanitaria” si è conclusa. Anche questa, come tutte le altre guerre “new age” si è lasciata dietro una scia di sangue e tragedie che ha visto in prima linea l’inerte popolazione civile. Ancora una volta la guerra si è mostrata in tutta la sua catastrofica natura per quello che è: uno smembramento di esseri umani.

Tutte le motivazioni e giustificazioni della guerra dovrebbero passare in secondo piano: politica e terrorismo internazionali, petrolio, rivalità monetarie non valgono nulla rispetto al dolore che ne deriva. Detto questo, ci si può sedere e cambiare canale per non far dolere il cuore, oppure mettersi le mani nei capelli e disperarsi di compassione.

Esiste una terza via, molto, molto più faticosa e rischiosa: armarsi di coraggio e partire per le zone di guerra, cercare di alleviare le sofferenze delle vittime e di salvare la vita e garantire l’esistenza a chi è sopravvissuto alle bombe, e magari tentare di diffondere nel mondo una cultura di pace e di solidarietà. Sembra un compito per santi (o futuri tali) o riservato ai mostri sacri come l’ONU, la Croce Rossa e altri organi governativi. Gino Strada ha scelto un’altra via, sganciata dal controllo e quindi dalle etichette di ogni governo. Con la sua organizzazione Emergency lo trovate sempre dove l’orrore della guerra è più grande e la popolazione diffida di chi, dopo averla massacrata, le tende una telegenica mano al sapore di TG della sera.

Chi è Gino Strada? È un chirurgo, ha 55 anni, è sposato con Teresa che lo sostiene in tutti i suoi “pellegrinaggi” e ha una figlia, Cecilia. Si è laureato a Milano, specializzandosi in chirurgia d’urgenza. Negli anni ’80 si è occupato principalmente di chirurgia dei trapianti di cuore e cuore-polmone, con lunghi periodi di permanenza negli Stati Uniti, Gran Bretagna e in Sudafrica, a Città del Capo. Nel 1988 ha deciso di applicare la sua esperienza di chirurgia d’urgenza all’assistenza e alla cura dei feriti di guerra. Ha lavorato per un lungo periodo con la Croce Rossa Internazionale in zone di guerra: nel 1989 a Quetta, nel Pakistan, al confine con l’Afghanistan; nel 1990 a Dessiè, in Etiopia e a Khao-I-Dang, in Tailandia; nel 1991 a Kabul e ad Ayacucho, in Perù, poi ancora a Kabul; nel 1993 a Balbala, Gibuti e Berbera, in Somalia. Nel 1994 è stato in Bosnia.

L’esperienza accumulata in anni di chirurgia di guerra convince Gino Strada della necessità di una organizzazione piccola, agile e altamente specializzata, che intervenga in favore della popolazione civile vittima della guerra e che non soffra delle lentezze burocratiche delle grandi organizzazioni. Con scarsissimi mezzi e insieme a un gruppo di colleghi e amici, nella primavera del 1994 Gino Strada fonda a Milano Emergency. La neonata organizzazione riunisce un team internazionale che, nell’agosto dello stesso anno, riapre l’ospedale della capitale del Ruanda Kigali: devastato dalla guerra, era stato abbandonato e non vi erano ancora giunti aiuti umanitari.

Dalla sua nascita, Emergency ha contribuito in modo determinante alla campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo. Diffondere una cultura di pace è compito statutario di Emergency: attraverso numerose iniziative ha portato a conoscenza di vasti settori dell’opinione pubblica il dramma causato dai 110 milioni di mine inesplose disseminate nel mondo e, nell’ottobre 1997, ha contribuito all’approvazione della legge per la messa al bando della produzione italiana di mine antiuomo.

Emergency, finanziandosi con i contributi piccoli ma numerosi di sostenitori privati, costruisce nel 1996 il primo ospedale nel Nord Iraq a Sulaimaniya. Poi un altro ospedale nella capitale Erbil, due Centri pròtesi e riabilitazione, sempre nella parte settentrionale dell’Iraq, l’ospedale “Ilaria Alpi” a Battambang, in Cambogia, e altri due ospedali in Afganistan, uno nel nord, nella valle del Panshir, e uno nella capitale Kabul. Nel 2001 apre a Freetown, in Sierra Leone, il sesto ospedale di Emergency. A tutti questi centri si affiancano 40 posti di Primo Soccorso nelle zone più minate o più vicine al fronte. Fino al dicembre 2002 Emergency ha curato oltre 500.000 vittime di guerra.

Gino Strada ha pubblicato, con l’editore Feltrinelli, due libri: “Pappagalli verdi” (1999) che è stato tradotto anche in lingua tedesca, e “Buskashì” (2002), cronache e ricordi dei tanti anni passati in prima linea e delle tante tragedie vissute in prima persona. Sono pagine terribili, talvolta quasi insostenibili, ma che riportano al lettore l’eterna lotta interna di un chirurgo che, di fronte a difficoltà, si ritrova anche a confrontarsi con la domanda «chi me lo ha fatto fare?». Se qualcuno vuole ancora pronunciare frasi assurde come “l’arte della guerra”, dopo la lettura non potrà non condividere l’idea che nella guerra non c’è nulla di artistico. Solo miseria.

Gino crede veramente nel suo lavoro, anche quando tutto sembra aver superato i limiti del possibile. La sua scelta di non dipendere da aiuti governativi gli permette anche di esprimere opinioni sulle guerre che lo circondano e, a differenza di altre organizzazioni come la Croce Rossa, che al massimo possono limitarsi a non commentare la legittimità delle guerre, Gino Strada è sicuro: nessuna guerra è legittima.

Presto ci sarà una nuova guerra. Fare tutto il possibile per fermarla sarà il dovere di ogni essere ancora “umano”. Non sarà facile, ma forse una sera, alzando lo sguardo, sentiremo sussurrare piccole storie in piccoli spazi mediatici, narrate da giornalisti non ancora “embedded”, di uomini come Gino Strada. Uomini che di fronte a terribili emergenze non si sono tirati indietro e che saranno lì, in prima linea, a ridare speranza a chi soffre.

E a noi.

(Un ringraziamento speciale a Giovanna Valsecchi di Emergency per la collaborazione)

Ein weiterer „humanitärer“ Krieg ist zu Ende gegangen. Auch dieser – wie viele andere Kriege dieses Zeitalters – hat eine breite Blutspur hinter sich gelassen und Tragödien, die in erster Linie die stillhaltende Zivilbevölkerung betrafen. Auch dieses Mal hat sich der Krieg in seiner katastrophalen Natur, die ihm inhärent ist, gezeigt: eine reine Zerstückelung von menschlichen Wesen.

Alle Motive und Rechtfertigungen für einen Krieg müssten eigentlich zweitrangig sein. Politik und internationaler Terrorismus, Öl, finanzielle Rivalitäten bedeuten nichts im Gegensatz zu dem Schmerz, den der Krieg verursacht. Wenn man dies erkannt hat, kann man sich hinsetzen und den Fernsehkanal wechseln, so dass das Herz nicht schmerzt oder man kann sich die Haare raufen und vor Mitleid verzweifeln.

Es gibt jedoch einen dritten Weg, der viel anstrengender und risikoreicher ist: man kann sich mit Mut wappnen und in Kriegsgebiete fahren und dort versuchen, die Leiden der Opfer zu mindern; denen das Leben und die Existenz retten, die den Bomben entkommen sind und man kann vielleicht sogar versuchen, eine Friedens- und Solidaritätskultur in die Welt zu bringen. Es scheint eine Aufgabe für Heilige (oder zukünftige Heilige) oder eine für heilige Monster wie die UNO, das Rote Kreuz und andere Regierungsorganisationen. Gino Strada hat diesen dritten Weg gewählt, jedoch losgelöst von der Kontrolle und somit den Etiketten jedweder Regierung. Mit seiner Organisation Emergency ist er immer dort zu finden, wo der Horror des Krieges am größten ist und wo die Bevölkerung denen misstraut, die sie erst massakriert hat und ihnen anschliessend von den Kameras der Nachrichtensender telegen, die Hand reich.

Wer ist Gino Strada? Er ist Chirurg, 55 Jahre alt, verheiratet mit Teresa, die ihn in all seinen „Wallfahrten“ unterstützt, und er hat eine Tochter, Cecilia. Er hat in Mailand Medizin studiert und sich auf Notfall-Chirurgie spezialisiert. In den achtziger Jahren hat er hauptsächlich im Bereich der Herz- und Herz-Lungen-Transplantation gearbeitet und war dabei länger in den USA, Großbritannien und in Kapstadt, Südafrika. Im Jahre 1988 hat er entschieden, seine Erfahrung im Bereich der Notfall-Chirurgie für die Unterstützung und Behandlung von Kriegsverletzten einzusetzen. Er hat längere Zeit für das Internationale Rote Kreuz in Kriegsgebieten gearbeitet: 1989 in Quetta (Pakistan) im Grenzgebiet zu Afghanistan; 1990 in Dessi (Äthopien) und in Khao-I-Dang (Thailand), 1991 in Kabul und in Ayacucho (Peru), dann wieder in Kabul; 1993 in Babala (Dschibuti) und in Berbera (Somalia). 1994 war er in Bosnien.

Diese über die Jahre gesammelten Erfahrungen führten Gino Strada zu der Überzeugung, dass eine kleine, agile und hoch spezialisierte Organisation notwendig sei, die zu Gunsten der Zivilbevölkerung in einem Kriegsgebiet intervenieren kann und nicht an der bürokratischen Langsamkeit der großen Organisationen leidet. Mit geringsten Mitteln und zusammen mit einer Gruppe von Kollegen und Freunden gründete Gino Strada daher im Jahre 1994 in Mailand „Emergency“. Noch im selben Jahr stellte die neugegründete Organisation ein internationales Team zusammen, welches das vom Krieg zerstörte Krankenhaus in Kigali, der Hauptstadt Ruandas, das verlassen worden war und wohin keine humanitäre Hilfe gelangt war, wiedereröffnete.

Von Anfang an hat Emergency in entscheidender Weise bei der internationalen Kampagne für die Ächtung von Minen beigetragen. Eine „Friedenskultur“ zu verbreiten war Teil der Satzung von Emergency: durch unzählige Initiativen hat Emergency in großen Teilen der Öffentlichkeit das Drama durch 110 Millionen nicht explodierter, in der Welt verteilter Minen bekannt gemacht. Dies hat im Oktober 1997 zur Verabschiedung des Gesetzes bezüglich des Verbots der italienischen Produktion von Minen geführt.

Emergency, eine Organisation, die sich durch viele kleine Beiträge von privaten Unterstützern finanziert, hat 1996 das erste Krankenhaus im Nord-Irak, in Sulaimaniya gebaut. Es folgte ein weiteres Krankenhaus in der Hauptstadt des Nordiraks Erbil, zwei Prothesen- und Rehabilitationszentren in diesem Gebiet, das Krankenhaus „Ilaria Alpi“ in Battambang in Kambodscha, zwei weitere Krankenhäuser in Afghanistan, eins im Norden, im Tal von Panschir und eins in der Hauptstadt Kabul. Im Jahre 2001 wurde das sechste Krankenhaus von Emergency in Sierra Leone eröffnet. All diese Zentren sind zudem mit 40 Plätzen für die Notaufnahme in den Zonen, in denen sich am meisten Minen finden oder die am nächsten zur Kriegsfront liegen, ausgestattet. Bis zum Dezember 2002 hat Emergency über 500.000 Kriegsopfer behandelt.

Gino Strada hat im Feltrinelli-Verlag zwei Bücher veröffentlicht: „Pappagalli verdi“ (1999), das auch ins Deutsche übersetzt wurde (Titel: „Grüne Papageien“) und „Bukashi“ (2002) – eine Chronik und Erinnerungen der vielen Jahre an der Front und der vielen selbst erlebten Tragödien. Es sind schreckliche Seiten, manchmal kaum auszuhalten, aber sie zeigen dem Leser den ewigen inneren Kampf des Chirurgen, der angesichts der Schwierigkeiten sich auch mit der Frage beschäftigt: „Warum bin ich nocht bloss zu Hause geblieben!?“.

Wenn jemand absurde Sätze über die „Die Kunst des Krieges“ ausspricht, so wird er nach der Lektüre des Buches nur noch zu dem Schluss kommen, dass es im Krieg nichts Kunstvolles gibt, sondern nur Misere.

Gino glaubt wirklich an seine Arbeit, auch wenn es scheint, dass alles die Grenzen des Möglichen überstiegen hat. Seine Entscheidung, nicht von Regierungshilfen abhängig zu sein, erlaubt ihm auch seine Meinung über die Kriege, die ihn umgeben, auszudrücken. Im Gegensatz zu anderen Organisationen wie das Rote Kreuz, das sich höchstens darauf beschränken kann, die Legitimität von Kriegen nicht zu kommentieren, ist sich Gino sicher: kein Krieg ist legitim.

Demnächst wird ein neuer Krieg ausbrechen. Alles zu tun, um ihn aufzuhalten, wird die Pflicht jedes noch „menschlichen Wesens“ sein. Es wird nicht leicht sein, aber vielleicht werden wir eines Abends, kleine Geschichten in kleinen medialen Räumen flüstern hören, erzählt von noch nicht „embedded“ Journalisten über Leute wie Gino Strada. Menschen, die sich noch nicht von den schrecklichen Notfällen zurückgezogen haben und die noch da sind, in der Frontlinie, um denjenigen, die leiden, wieder Hoffnung zu geben.

Und auch uns.

(Besonderen Dank an Giovanna Valsecchi von Emergency für die Unterstützung bei diesem Artikel)

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Mine

Oltre alle mine italiane vi sono le PFM-1 di fabbricazione russa, i cosiddetti “pappagalli verdi”. In Afghanistan i sovietici ne lanciavano a migliaia dagli elicotteri; grazie alle “ali” di cui erano dotate, queste mine anziché cadere a grappolo in un unico punto si disperdevano come volantini su un’ampia superficie. I militari sovietici affermavano che quelle mine erano fatte in quel modo per sole ragioni tecniche e non perché dovessero assomigliare a un giocattolo. Cioè, precisavano indignati i progettisti, non erano fatte “apposta” per attirare i bambini. Però li attiravano. E i bambini se le portavano a casa, se le scambiavano come fossero figurine, finché sulle “ali” veniva esercitata un po’ di pressione e si verificava l’esplosione.

Minen

Neben den italienischen Minen gibt es die PFM-1 der russischen Produktion, die sogenannten „grünen Papageien“. In Afghanistan haben die Sowjets Tausenden von diesen Minen aus Helikoptern abgeworfen. Dank der „Flügel“, mit denen sie ausgestattet sind, verteilten sie sich wie Flugblätter auf einer sehr weiten Fläche statt sich auf einem Haufen anzusammeln. Die sowjetischen Militärs gaben an, dass diese Minen nur aus technischen Gründen in dieser Weise angefertigt wurden und nicht, weil sie auf diese Weise einem Spielzeug ähnelten. Die Hersteller präzisierten somit indigniert, dass diese nicht „absichtlich“ so gemacht waren, um Kinder anzulocken. Aber die Kinder waren von den „grünen Papageien“ dennoch angezogen. Sie brachten sie mit nach Hause, sie tauschten sie untereinander – wie andere Sammelgegenstände – aus, bis zu dem Zeitpunkt, an dem nur ein wenig Druck auf die Flügel ausgeübt wurde und es somit zur Explosion kam.

Tricolore

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